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Una poesia kurda Stampa E-mail
" Scrivendoti da qui, amico mio,
che altro dirti,
se non dolore, tristezza?
Dovessi farlo il nostro ritratto
qui, in questa città,
dovrei mostrarti il volto
di chi e' straniero, scacciato
sulla propria stessa terra
dovrei disegnare un paese
di frontiere - spine e fucili
tra bocca e bocca
tra mano e mano -
barriere.
Lentamente vagano le ore
nel buio di strade, vicoli, mercati
trascinando dolore, tristezza
ore impiccate
agli alberi e ai muri
gente trafitta
dalle lance della sventura
Il tempo, qui,
e' una macchina
e la manovra la polizia."
Ferhad Shakely, poeta kurdo esule da Kirkuk, 1990

Nord Iraq: campo di profughi Kurdi.

 
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